EP.10 • ESPLORA TEAM

Esplora è un collettivo di creativi appassionati di outdoor e arti visive, ha l’obiettivo di ispirare le persone ad uscire dalla propria comfort zone e vivere esperienze nella natura. Abbiamo conosciuto Giuseppe, Cyclovagabond sui social, alla fiera del Cicloturismo di Bologna, si è creata da subito una forte intesa volta all’esplorazione di luoghi lontani. In pochi minuti di conversazione abbiamo messo giù le basi per quello che poi sarebbe stato il progetto più grosso realizzato da Esplora fino ad ora: la traversata del Nepal in bikepacking. L’idea era quella di realizzare un docu-film del viaggio, una pedalata di 1300km e 26000m di dislivello positivo dalla giungla del Terai fino alle alte vette Himalayane, un nuovo medium per Esplora, una scommessa ed una sfida contro noi stessi.

Siamo già certi che sarà difficile riassumere in poche domande tutte le curiosità che abbiamo sul vostro viaggio. 
Pensiamo che il viaggio sia, oltre che qualcosa di fisico e tangibile, anche un concetto profondamente filosofico che va oltre i giorni effettivi di spostamento e attività.

Iniziamo quindi chiedendovi, come è stata la preparazione e la fase prima della partenza? Quali erano i pensieri, le emozioni e le aspettative?

  • MARCO

    Dal momento in cui abbiamo deciso insieme a Giuseppe di partire per il Nepal, abbiamo iniziato subito a capire la logistica del viaggio: era fondamentale trovare il modo di far arrivare le nostre bici a Kathmandu, ma ancora più fondamentale era capire come arrivare da Kathmandu a Mahendranagar, 700km più a ovest sul confine con l’India, da cui Giuseppe sarebbe entrato dopo un mese di attraversata del paese. Per questo ci siamo affidati ad alcune guide locali che ci hanno aiutato con le informazioni su dove reperire i biglietti e quale bus dovessimo prendere… come immaginate le stazioni degli autobus nepalesi e la loro organizzazione sono molto lontani dagli standard che conosciamo in Italia, ma questo ha reso tutto ancor più un’avventura. A livello di aspettative eravamo tutti molto emozionati da quello che stavamo per fare, non sapevamo però bene cosa aspettarci da questo viaggio. La nostra filosofia è sempre stata quella di prendere le cose come arrivano, e questo ci ha permesso di vivere l’esperienza in modo aperto e positivo, trasformando anche le difficoltà in momenti di sfida con noi stessi.

  • DAVIDE

    La fase prima della partenza è stata un intenso momento di incastro di situazioni logistiche e organizzative, ma la fluidità con cui accadevano le cose mi lasciava senza fiato.
    Pensando all’incontro con Giuseppe e all’idea di andare in Nepal insieme nata dopo soli 10 minuti di conversazione: tutto era in armonia. 
    Ogni pensiero verso il Nepal era una conferma che stavamo andando nella giusta direzione, che quella terra fosse lì ad aspettarci, e noi a farci accogliere.

    Emotivamente, una grande sensazione di pace e un turbinio di emozioni contrastanti mi hanno avvolto nelle settimane prima della partenza.

  • GIUSEPPE

    La preparazione, tralasciando i dettagli tecnici specifici, non è stata tanto diversa che per altri viaggi. Ho fatto parecchi viaggi quindi bene o male so di cosa ho bisogno e cosa è superfluo anche se c’è da dire che ogni viaggio é una scuola per l’evoluzione del prossimo viaggio. Non abbiamo fatto una preparazione fisica particolare, giusto un pò di chilometri prima di partire. A pochi giorni dalla partenza ho provato molte emozioni, lasciavo a casa mio figlio Thom di 6 anni e la mia compagna Virginie, ma dentro di me ero sereno, non avevo grandi aspettative, ero solo sicuro che sarebbe stata una grande avventura.

Siete partiti anche con l'intento di fare un reportage fotografico e creare clip per un documentario che uscirà prossimamente, ci sono però anche altri tipi di materiali con cui siete tornati Italia? Ci spieghiamo meglio, avete per caso tenuto un diario scritto mentre eravate via? Avete raccolto qualche biglietto, oggetto o elemento naturale trovato durante il percorso?

MARCO 

Io personalmente sono partito con l’idea e l’intenzioni di tenere un diario del viaggio, la verità però è che non appena siamo arrivati a Kathmandu ci siamo ritrovati in una situazione completamente diversa da quella che conoscevamo, molto lontana da quello a cui siamo abituati in Italia. Le giornate sono state un susseguirsi di stimoli continui e profondi, fatti di incontri, odori, persone e situazioni. É stato molto difficile riuscire, alla fine delle giornate, a ritagliarsi del tempo per mettere insieme dei pensieri su carta, per questo ho abbandonato “naturalmente” l’idea del diario. Siamo invece tornati a casa con tanti oggetti, la maggiorparte legati ai rituali di benedizione a cui venivamo invitati ogni giorno. Abbiamo infatti portato a casa diverse sciarpe cerimoniali, i cappelli tradizionali delle forze speciali Ghorka, biglietti di autobus e alcune bandierine tibetane trovate al Tilicho Lake, a 5200m di quota che per me rappresentano il ricordo più profondo.

DAVIDE

Esatto, oltre ai contenuti fotografici ci sarà un documentario che sarà un racconto intimo di questa spedizione.
Per quanto riguarda i diari, abbiamo cercato di tenerli per un po’ ma in realtà molto di ciò che abbiamo scritto è stato postumo, e molti dei materiali che abbiamo portato a casa li abbiamo esposti nella mostra che abbiamo organizzato a Chamonix presso la biblioteca comunale (sarà visitabile fino al 2 marzo 2024).

GIUSEPPE

Quando viaggi in bici non puoi comprare o recuperare molte cose quindi ti accontenti di piccoli ogggetti: una collana buddista, un parafango in plastica indiano e una pietra di quando eravamo a 5000 metri.

Durante questo genere di viaggi itineranti si passa attraverso tanti villaggi, città e ambienti naturali, c'è stato un luogo o una situazione in particolare dove vi siete sentiti a casa nonostante le differenze di lingua, le differenze culturali e gli innumerevoli chilometri di distanza dall'Italia?

  • MARCO

    Parto con una premessa: i Nepalesi sono un popolo fantastico, accogliente e amichevole e non perdono occasione di aiutarti, anche nel piccolo delle loro possibilità. Il fatto di essere stati trattati come ospiti ma anche amici di vecchia data, tanto nella capitale Kathmandu quanto nelle terre alte oltre Manang, non mi ha mai fatto sentire fuori posto. Sicuramente l’occasione in cui il giorno dopo essere atterrati siamo stati chiamati in casa da Chandrakala, anziana signora che ci ha invitato per una benedizione, pur non conoscendoci, ci ha fatto capire subito di essere nel posto giusto. Un posto fatto di persone buone e semplici, e sappiamo bene quanto basti questo per sentirsi al sicuro, per sentirsi in qualche modo a casa.

  • DAVIDE

    Mi sono sentito cullato in ogni luogo, la sensazione di essere in un paese di armonia era costante, quasi come se fossimo avvolti in un grande abbraccio.
    L’accoglienza di queste persone supera ogni limite e concezione di condivisione occidentale.
    Sono accoglienti come noi, forse, non sappiamo più esserlo.
    Gli occhi e i sorrisi erano il mezzo di comunicazione più intimo e genuino.

  • GIUSEPPE

    Il giorno che mi sono sentito a casa é stato quando siamo stati invitati dalla famiglia di Babu, un bambino molto affetuoso che ricordava mio figlio, e la sua famiglia ci ha accolto nel loro solaio offrendoci un letto e una cena molto accogliente.

Siete partiti in tre, com'è partire in compagnia e condividere il viaggio con qualcuno? Pensate ci siano stati più momenti di silenzio o di dialogo? 

Quali sono stati gli incontri inaspettati che vi ricordate maggiormente?

MARCO

Per quanto viaggiare in bici sia un’esperienza davvero unica se fatta in solitaria, avere dei compagni di viaggio con cui condividere le esperienze, la fatica e la gioia non ha prezzo. Quando sei da solo in salita sei solo tu contro te stesso, e fatichi, fatichi tantissimo ascoltando il tuo corpo e i segnali che ti manda. Quando pedali con dei compagni sei sempre solo contro te stesso, ma avere la possibilità di alzare la testa e scambiare una battuta con quelle persone con cui stai in qualche modo condividendo la fatica fa bene. Non bisogna poi pensare che in gruppo non ci siano momenti di silenzio: anzi! Viaggiare in bici è una sfida contro se stessi e i momenti di fatica possono assumere diverse sfaccettature. A volte ti ritrovi a pedalare per ore in silenzio, ascoltandoti e ascoltando il mondo fuori, altre volte la fatica ti porta a vaneggiare, inizi a fare discorsi insieme agli altri a caso e senza un capo o una coda. É divertente perchè parli delle cose più assurde come se fossero normali e in qualche modo questi discorsi esorcizzano la fatica, il caldo o il freddo. Non so quante volte, salendo da ripidi sentieri, ci siamo trovati a contare quante pizze avremmo ordinato la sera una volta arrivati nel posto x, ovviamente non esisteva alcuna possibilità che questa cosa si avverasse, ma era il nostro modo per concederci un “pensiero confort” in un momento di disconfort. Sicuramente su di me hanno avuto un impatto particolare gli incontri con le anziane signore che, piegate dagli anni di lavoro nei campi, ci invitano per una benedizione.

DAVIDE

Partire con altre persone è una caratteristica da non sottovalutare per un viaggio del genere, sicuramente ci sono stati alcuni momenti delicati ma l’onda di armonia del luogo sovrastava tutto il resto.
Siamo stati molto insieme, ed è stata una bellissima occasione per progettare da un luogo meraviglioso, il futuro di Esplora, progetto attivo ormai da 4 anni, che sta sempre piú prendendo forma.

Abbiamo posto delle grandi basi per i prossimi anni e gli obbiettivi che vorremmo esplorare, appunto, non vediamo l’ora di condividerle nei dettagli, intanto vi direi: preparatevi a partire con noi!
Nel 2024 inoltre creeremo delle esperienze in cui le persone potranno avventurarsi con noi tornando alla connessione con la natura.

Tra gli incontri più intimi e profondi ricordo in particolare questo: AIDE | ANNAPURNA MASSIF
Ascendendo il Thorong La Pass facciamo un incontro di quelli che ti scaldano il cuore.
Aide, che gestisce per tre mesi di fila senza scendere la Tea house a metà tra l’High camp ed Il passo, ci accoglie nel suo lodge, offrendoci del tè caldo, è il te più buono del mondo, ed il suo sguardo ci fa sentire accolti.

Non abbiamo soldi, in cambio decidiamo di donargli una torcia da testa con delle pile, e un paio di occhiali da ghiacciaio.
L’amore e la gentilezza che queste persone ti trasmettono con un sorriso è incalcolabile.

GIUSEPPE

Sono partito con Charlie e Marco abbastanza sereno e, come spesso capita, nel viaggio ci siamo conosciuti meglio. Penso che siamo stati capaci ad amalgamare i caratteri per riuscire a essere tranquilli, bisogna capire quando é il momento di parlare e quando è il momento di restare chiusi nella propria sfera. 
Abbiamo incontrato parecchie persone durante il viaggio, personalmente sono stati gli sguardi incrociati per pochi secondi a colpirmi maggiormente.

Partendo avete scelto di supportare una realtà sociale di volontariato sul territorio, una decisione che crediamo dia un valore aggiuntivo alla spedizione e che permette di avere una visione e intenzione diversa in merito al viaggio. Non siete stati solo dei turisti. Ci raccontate di questa scelta e del suo valore rispetto al viaggio?

  • MARCO

    Spesso nei nostri viaggi ci troviamo, una volta tornati, ad essere pieni di esperienze vissute che in qualche modo cerchiamo di interiorizzare. In questa occasione, forse anche spinti dalla particolare natura del viaggio, prima di partire ci siamo trovati a riflettere su cosa potessimo lasciare noi alle persone del luogo in segno di rispetto e di riconoscenza. Abbiamo così deciso di aprire una raccolta fondi per supportare le attività dell’ONG Gonesa, che a Pokhara si occupa di supporto all’istruzione per i più piccoli. Sapevamo di star facendo una buona azione utile per loro, ma nel momento in cui siamo andati a conoscere i membri dell’associazione e i bambini che aiutano è stata un’esperienza molto forte. Vedere con i nostri occhi le persone che in qualche modo stavamo aiutando è stato un momento profondo che ci ha aperto gli occhi sulla responsabilità che dovremmo avere in qualità di viaggatori e ospiti.

  • DAVIDE

    Esattamente, abbiamo scelto di operare in questo senso dopo che nella mente ha iniziato a risuonare questa domanda: Esploriamo? Si, ma noi cosa lasciamo al luogo che esploriamo?
    Da una parte abbiamo una esplorazione dedita alla scoperta della natura di luoghi che ci lasciano pieni di esperienze, gioia e meraviglia, accogliendoci come ospiti.
    Dall’altra parte abbiamo il lato umano dell’esplorazione: la connessione con la popolazione che abita il luogo, che te lo fa vivere, sentire, respirare e che vive quotidianamente quell’ambiente, ne compone le radici e ne è il cuore pulsante.
    Quale può essere il nostro lascito? Ed ecco come abbiamo scelto di collaborare con il VISPE.

  • GIUSEPPE

    La scelta di supportare il VISPE è stata dei ragazzi di Esplora, io l’ho subito accolta positivamente e devo dire che il momento dell’incontro con i volontari è stato molto forte. Abbiamo visto il lavoro che fanno per aiutare le persone in difficoltà e per garantire ai bambini la possibilità di studiare e di avere un luogo sicuro: mi ha scioccato comprendere che le scuole non servono solo per l’istruzione ma anche per garantire un pasto al giorno a questi bambini che a casa non lo potrebbero avere.

Wanderlust Vision ha scelto supportarvi, oltre che con dell'abbigliamento tecnico che potesse aiutarmi in ogni condizione climatica, seguendovi nella creazione della colonna sonora del documentario che andrete a realizzare. Come sta procedendo questo processo di lavoro? Come la musica impatta durante un viaggio? E soprattutto, quanto può impattare dopo come mezzo per raccontare una esperienza come la vostra?

MARCO

Siamo molto felici di aver avuto la possibilità di collaborare con i ragazzi di Wanderlust Vision, credo che i nostri progetti seguano filosofie simili ed è bello creare sinergie insieme, ad esempio la colonna sonora dello short-film che abbiamo girato. Naturalmente la musica assume un valore profondo durante il viaggio. Da un lato c’è la musica che hai nelle cuffie, la tua musica che decidi di portare dal tuo mondo: nel mio caso i Green Day mi hanno tenuto compagnia per molte delle salite che abbiamo fatto riportandomi in un certo senso “a casa”. Dall’altro lato c’è la musica del paese in cui ti trovi, suoni tradizionali che vibrano nell’aria, suoni da scoprire che contribuiscono a creare un’atmosfera autentica e unica in cui immergersi. Naturalmente riuscire a tradurre quella musica per il nostro mondo non è semplice, per questo nel nostro viaggio abbiamo provato a campionare suoni e vibrazioni locali per poi, con l’aiuto dei ragazzi di Wanderlust Vision, tradurli e trasformarli in quella che diventerà la colonna sonora del docu-film. 

DAVIDE

La possibilità di collaborare con una realtà come Wanderlust Vision a questo progetto è per noi fonte di grande gioia, oltre che sull’aspetto tecnico dove il fleece è stato di fondamentale importanza, anche sulla cura della colonna sonora che realizzeremo insieme a Tudor (Klaus) sarà un momento di grande creatività ed immersione nel viaggio.

La musica ha il potere evocativo di evidenziare ancor più le immagini, creando stati emotivi e viaggi interiori che credo siano fondamentali per realizzare un contenuto creativo a 360°.
La produzione si sta sviluppando intorno alle campionature di suoni fatti in loco, insieme a  tutta una parte di produzione e creazione di suoni che stiamo iniziando a mettere insieme partendo da reference di generi ambient, psichedelici, distensivi o di tensione, di musiche tradizionali e strumenti etnici: sará un viaggio nel viaggio!

Sta procedendo alla grande, collaborare con Tudor è un piacere, ci influenziamo con molte visioni e stimoli.

Chiudiamo queste domande chiedendovi: cosa ne resta del viaggio una volta tornati?

Sicuramente una grande adrenalina appena atterrati, ma questa come si propaga nelle settimane e nei mesi successivi? Come si metabolizza un viaggio del genere tornando alla quotidianità?

  • MARCO

    Ammetto che non è stato immediato tornare alla nostra ‘vita normale’. Tante situazioni, come i locali pieni di gente e la confusione, ora li sopporto molto di meno. Mi è capitato di parlare poco tempo fa con un’amica che, ascoltando i racconti del viaggio e prendendomi in giro, mi ha paragonato a quelle persone che dopo una settimana a Londra fanno quasi fatica (o fanno apposta) a ricordare l’italiano. La verità è che siamo stati in un posto che è totalmente diverso dal mondo che conosciamo, sopratutto nella regione del Terai. Abbiamo vissuto delle esperienze molto forti e molto profonde, esperienze che ci hanno segnato e incontri che non dimenticheremo mai. Non perchè dobbiamo ‘vantarci’ in qualche modo di essere stati lì, ma perchè vi assicuro che quando una famiglia che non ha nemmeno i letti per dormire (per loro) vi ospita a casa sua come foste il più antico amico, quando nella casa manca anche la porta di ingresso e qualsiasi tipo di comodità, vi assicuro essere un incontro profondo, un pò destabilizzante, ma che ti rimarrà dentro per sempre.

  • DAVIDE

    Ogni pedalata inizia con un punto di partenza e si trasforma in una straordinaria avventura. Ma alla fine, cosa rimane di un viaggio in bicicletta? 
    Rimangono il legame unico tra le persone e i paesaggi, l'essenza di un'esperienza che va oltre il semplice spostamento da un luogo all'altro. 

    Rimangono le profonde esperienze genuine e profonde, lo stupore di aver visto per la prima volta la catena dell’Himalaya, di essere andato nella terra delle alte vette oltre i Courtenay, dove si respira un’aria sottile, come se il tempo non esistesse: è tutto così concreto e reale che il ritorno a questa realtà italiana fa nascere tanto senso di gratitudine.
    La gratitudine è la sensazione più grande che mi porto dentro, perché qui non ci insegnano come esserlo, e lì ho avuto modo di vedere persone felici con le cose più semplici, grate per la vita che ci viene data ogni giorno.

    Tutto ciò è stato alimentato ancor di più dal senso di infelicità che leggo negli occhi delle persone, così maledettamente incastrate in un sistema nocivo e alienante.
    È anche a loro che Esplora parla, ed è anche per questo che continueremo a esplorare, e da qui che continua ad alimentarsi la voglia di partire, con immensa gratitudine per la possibilità di farlo.

    Abbiamo già programmato un viaggio verso una terra ancor più selvaggio: la Mongolia.

  • GIUSEPPE

    Cosa resta del viaggio? Tornare da un viaggio del genere è sempre abbastanza difficile, in poche ore ti ritrovi nella solita realtà e può capitare che tu ti possa sentire quasi infastidito da alcuni meccanismi comuni. Penso che il viaggio apra le menti e lo spirito. Il viaggio in bici é una filosofia, una meditazione, uno stato di esaltazione e di fatica: sudare per arrivare in quel punto non obbligatoriamente stabilito e preventivato. Metabolizzare un viaggio del genere come si fa? Non si metabolizza si riparte per un altro viaggio!

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